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William «Bill» Swan

Royal Durban Light Infantry

Prigionieri di guerra britannici in marcia da Tobruk dopo la resa.
By Bundesarchiv, Bild 101I-785-0294-32A / Tannenberg / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, Link

Il sudafricano Bill Swan, tenente dei Royal Durban Light Infantry, viene catturato a Tobruk il 22 giugno 1942 dai Tedeschi, che lo portano a Derna e quindi a Bengasi «dove fummo bombardati dalla nostra stessa aviazione che non aveva capito chi fossimo». Tre giorni dopo, sono caricati su alcuni aerei italiani e portati a Lecce e quindi a Bari, dove Bill trascorre un mese. Alla fine dell’estate, viene trasferito al PG 21 di Chieti, dove inizia ad imparare l’italiano. Tre mesi dopo, viene spostato nuovamente, questa volta al PG 47 di Modena. «Fu qui che il mio vecchio amico Peter Campbell spuntò fuori». Peter era nell’aviazione sudafricana ed era stato abbattuto in Libia. Era arrivato in Italia in un sottomarino, disteso nei tubi dei siluri.

La vita nel campo scorre lenta, interrotta solo da qualche tentativo di fuga, che ogni volta termina con la ricattura dei fuggiaschi. Anche Bill e Peter stanno progettando una fuga, quando giunge la notizia dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati.

Fui chiamato ad una riunione e mi fu detto che il piano per un’evasione di massa era stato accantonato. Mi alzai e dissi che io e Peter avremmo tentato comunque e ce la saremmo giocata. Peter mi aspettava fuori e raccolsi la mia sacca. I tedeschi erano già nel campo a questo punto e stavano dappertutto, ma nessuno ancora era posizionato nelle guardiole esterne. Andammo al muro. Peter si arrampicò sulle mie spalle e arrivò in cima. Altri tre [prigionieri] arrivarono e li aiutammo a salire e quindi mi tirarono su. Quindi sollevammo il filo spinato e ci strisciammo sotto. […] Attraversammo un campo, quindi camminammo per circa un miglio [1,6 Km] lungo una strada sterrata fino ad una casa. Le persone erano amichevoli e scambiarono le nostre uniformi per degli abiti civili.

Il gruppo continua la marcia, evitando per un soffio una pattuglia tedesca, e trova riparo nella casa di un generale italiano, la cui moglie li nasconde in una vicina cappella. Il giorno seguente si dirigono verso gli Appennini, ma Bill collassa per la stanchezza. Il gruppo viene soccorso da una ragazza del luogo, che li conduce alla sua casa di famiglia, a «Ranoccio» (sic.), dove restano qualche giorno per permettere a Bill di riprendersi. Sono i loro ospiti ad elaborare un piano: i fuggiaschi andranno a Firenze in treno, guidati da un italiano, Sesto. Il gruppo a questo punto si divide, a solo Bill e Peter ripartono. Insieme a Sesto, riescono a prendere il treno e scendono a Fiesole, dove trovano rifugio in una fattoria al limitare del centro abitato.

La signora [proprietaria della casa] era la moglie di un colonnello e ci permise di ascoltare le notizie dalla BBC quella notte – le prime notizie che sentimmo da qualche tempo a quella parte. Ci permise di dormire nella stalla delle mucche, stesi sulle rastrelliere per il fieno sopra i bovini. Il giorno dopo fummo portati dai suoi servitori alla stazione e caricati su un treno, fino ad un posto chiamato Tarantula (sic.) che si trovava abbastanza vicino a un grande lago chiamato Trasimeno.

Anche qui, trovano rifugio in una casa. La loro precedente ospite aveva dato loro l’indirizzo di un generale italiano, Murro, e i tre si recano alla sua tenuta. Tuttavia, il servitore che risponde alla porta si rifiuta di farli entrare e ben presto la situazione si fa pericolosa:

Mentre stavamo discutendo al cancello, qualcuno passò e disse che una pattuglia tedesca stava arrivando lungo la strada. Balzammo in un campo e quindi in un ripido crepaccio pieno di rovi. Peter ci finì per primo, seguito da Sesto che rimase impigliato nei rovi e, dimenandosi, atterrò su Peter ed entrambi caddero fino in fondo, graffiati, arrabbiati e spaventati. Io li seguii con più dignità.

I tre costeggiano il Trasimeno e trovano rifugio nella casa di un carbonaio. Il giorno dopo, il loro ospite porta un altro italiano, «il conte Gianni» al nascondiglio, il quale fornisce ai fuggiaschi del tè, un paio di pantaloni per Peter («fui davvero sollevato di non dover più fissare le sue natiche mentre salivamo in montagna!») e una mappa. Così equipaggiati, i tre arrivano ad una stazione ferroviaria lungo il Tevere, dove salgono su un treno per qualche ora per poi dover tornare indietro sui monti. «Non era sicuro restare troppo a lungo nelle valli poiché tutte le strade principali erano invase dai tedeschi». Anche gli italiani più insospettabili sono pronti ad aiutarli:

Ad un certo punto sui monti bussammo ad una casa per chiedere cibo e riparo. Aspettammo lì finché non tornò il marito [della padrona di casa]. Con orrore realizzammo che era vestito in uniforme e portava una fascia al braccio con la scritta “Polizie” ed era chiaramente al servizio dei tedeschi. Tuttavia, non fece storie e ci chiese di condividere il suo pasto di uva e fichi che aveva raccolto lungo la strada […].

Altre volte, i rischi provengono dalle situazioni più inattese:

Vedemmo un barbiere [in un villaggio] e decisi di avvantaggiarmene per farmi tagliare i capelli. Lasciai Peter all’esterno e presto si allontanò ed elemosinò del formaggio e molto vino. Quando uscii era piuttosto sbronzo quindi pensai fosse meglio si togliesse dalla strada. Il barbiere ci portò a casa sua e la moglie ci diede della pasta da mangiare. Peter cantava a squarciagola in inglese e non riusciva a mettersi gli spaghetti in bocca, che finivano per restargli appesi attorno alle orecchie. Era molto divertente, ma ero in ansia perché, se fossero arrivati dei tedeschi, Peter ci avrebbe fatto prendere. Alla fine, disperato, gli dissi con durezza: “Peter, ricorda che sei un ufficiale britannico!” Questo lo colpì ma, fino alla sua morte, continuò a tirare fuori questa storia e a prendermi in giro.

Evitando ancora la cattura da parte del nemico, Bill, Peter e Sesto giungono ad Assisi, che trovano piena di tedeschi. Aiutati dagli italiani, vengono nascosti in una stalla sui monti. Il loro viaggio ben presto riprende, anche se non è chiaro quale sia stato il loro percorso. Ad un certo punto, sono costretti a fermarsi, perché Peter soffre di dissenteria. Vengono nuovamente accolti dagli italiani, che permettono loro di rimettersi in forze, anche se con qualche imbarazzo: «Non avevano bagni, quindi Peter dovette andare tra le viti e usare le foglie come carta igienica! Questo non imbarazzava per nulla gli italiani e le donne si sedevano sul muro e parlavano a Peter mentre era impegnato. Di certo quelle attenzioni non gli fecero piacere».

I tre raccolgono un altro fuggiasco, Denis Hickman, che si unisce a loro. Con qualche difficoltà, il gruppo arriva vicino a Cassino, guada il fiume Rapido e raggiunge il villaggio di Guardiaregia (CB) dove incontrano delle truppe canadesi. Nei giorni seguenti vengono condotti a Bari, dove si separano da Sesto. Infine, Peter e Bill vengono portati al Cairo, dove Bill incontra, per caso, il fratello Jack. «Mi avvicinai e dissi “ciao Jack”. Si girò e mi guardò, senza sapere chi lo avesse salutato! Non aveva riconosciuto il suo magro ed emaciato fratello». I due sono quindi trasferiti a casa, in Sud Africa, ma Bill riparte ben presto alla volta dell’Italia: combatterà a Monte Cassino, proprio nella zona che ha attraversato durante la sua fuga mesi prima.

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