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Rowland Hewison

Il guardsman (equivalente ad un soldato semplice) Rowland era stato catturato a Tobruk nel giugno 1942 e subito spostato in un campo di prigionia a Derna, dove dimostra fin da subito la sua indole di resistente. Infatti, mostra ai suoi carcerieri il simbolo della «V» con le dita e questi rispondono aprendo il fuoco contro di lui. Dopo Derna, passa a Benghazi, un campo le cui condizioni igieniche sono scarse, tanto che Rowland soffre di una grave forma di dissenteria, senza peraltro essere curato. Finalmente, dopo tre mesi, viene spostato prima a Tripoli e poi in Sicilia, per raggiungere infine il PG 146 di Villanterio. Qui viene messo al lavoro in una fattoria «cosa che speravo mi avrebbe aiutato a rimettermi in forma per poter scappare». Tuttavia, non serve farlo. Il padrone della fattoria, un tedesco, lo prende in simpatia, e, quando Rowland e un compagno decidono di partire, li lascia andare, fornendo loro indicazioni sulla strada da seguire per la Svizzera, e un cappello e un mantello per mimetizzarsi meglio tra la popolazione. I due fuggiaschi decidono però di dirigersi a sud, per ricongiungersi alle truppe alleate sbarcate in Sicilia.

Hewison Rowland, in licenza al Cairo.
Fonte: https://archives.msmtrust.org.uk/pow-index/hewison-rowland/

Per il primo periodo della loro fuga, Rowland e il suo compagno vivono di uva rubata dai vigneti e qualche pezzo di pane fornito dai contadini locali, ai quali si presentano come soldati italiani sbandati in fuga verso Napoli.

Una volta questo ci fu quasi fatale perché fummo riconosciuti da un colonnello fascista che ci disse chi eravamo e chi era lui, visto che era vestito con abiti civili. Tuttavia, poiché stavo per disarmarlo, decise di aiutarci a passare la città, per ripagare i tedeschi, i quali avevano fucilato suo figlio per diserzione la sera prima.

Il percorso è lungo e pieno di insidie ma i due riescono a non farsi ricatturare. La stagione aveva ormai ingrossato i fiumi, e l’unico passaggio attraverso il Trebbia è sotto il naso dei tedeschi che ne sorvegliano i ponti e i guadi. Senza perdersi d’animo Rowland riesce infine a passare «nel mezzo di un gregge di pecore che furono condotte nell’acqua» sulla strada per Bobbio. Tuttavia, l’inverno è ormai alle porte e i piani dei due devono cambiare radicalmente perché diventa difficile marciare con la neve e il freddo. Rowland e il suo compagno riescono a trovare ospitalità nella zona tra Pradovera e Bettola (Piacenza) presso alcuni italiani amichevoli, che li accolgono e proteggono. Paolo, il loro ospite, li sistema in un granaio e porta loro pane e latte tutte le mattine. Rowland finalmente si sente al sicuro: «pensavamo che nessuno sarebbe venuto [a cercarci] con quel cattivo tempo». Tuttavia, la sua sicurezza dura poco, un giorno, infatti, arriva una pattuglia:

Fortunatamente, quel giorno eravamo stati invitati nella casa di fronte a quella di Paolo e potemmo vedere i fascisti circondare la casa di Paolo. Siccome la pena per aver nascosto dei prigionieri era la morte, decidemmo di lasciare i nostri comfort nel granaio e dirigerci sui monti. Costruimmo una baracca della cui esistenza sapevano solo pochi amici fidati.

Rowland al centro, di fronte alla baracca che lo ospitò sui monti.
Fonte: https://archives.msmtrust.org.uk/pow-index/hewison-rowland/

I due dormono in posti diversi ogni notte, sempre braccati dal nemico e spesso tormentati dalla fame. Vengono aiutati da un altro italiano, che però finisce nella rete dei tedeschi ed è deportato in Germania.  «Ad un certo punto 200 soldati, carri armati e aerei non riuscirono a catturarci e molti giovani italiani furono uccisi». Stremato, Rowland torna da Paolo, dove causa un gran parapiglia, poiché la famiglia lo credeva morto.

A questo punto Rowland decide di aiutare gli italiani che lo stanno aiutando, diventando il tuttofare del paese. Con il nome di «Rolando» (che userà per il resto della sua permanenza in Italia) svolge una varietà di lavori, dal veterinario per il bestiame al riparatore di macchine da cucire.  «La mia fama si diffuse […]. Qualsiasi cosa si rompesse, venivo chiamato, – “Rolando la saprà aggiustare, a Dio piacendo” – La maggior parte di questi lavori li svolgevo di notte, in segreto».

Anche i partigiani si stavano organizzando nella zona. Rowland entra in contatto con una banda guidata da «Rosso», sotto il controllo di un comunista jugoslavo, che agiva sui monti, anche se non sembra approvarne i metodi («molti vecchi rancori furono risolti con il pretesto che la vittima fosse un fascista») che spesso sfociano nella brutalità: «lo rimproverai per il brutale trattamento di un colonnello fascista che fu condotto come un maiale da trofeo per i villaggi, gli furono strappati i baffi con un paio di tenaglie, fu preso a calci e infine ucciso con un piccone». Rowland prende quindi la decisione di darsi anche lui alla lotta partigiana, nel marzo del 1944, con l’aiuto di altri due ufficiali britannici, «per unire i giovani italiani». Ben presto, entra in contatto con il capitano Tresham Gregg (Ganner tra i partigiani), anche lui a capo di una banda partigiana e di cui diventa il secondo in comando in agosto. La banda di Ganner è in contatto con Gordon Lett e lo Special Operations Executive (SOE) e ben presto iniziano ad arrivare i primi lanci di rifornimento per ricevere i quali i partigiani costruiscono addirittura una piccola rampa di atterraggio.

Se le attività partigiane non sembrano dispiacere a Rowland, che vi si dedica con grande entusiasmo e coraggio, le dispute politiche tra le bande sono invece una continua fonte di fastidi. Il contrasto tra la sua banda e quella di Rosso non fa che crescere con il passare del tempo, nonostante gli incontri tra il capitano Gregg e il capo partigiano. Quando il primo viene chiamato a presentarsi ad un incontro segreto con agenti del governo militare alleato (AMG), Rowland si trova in prima persona a dover gestire la situazione:

Non avevo capito quanto il potere significasse per capi come Montenegro, Rosso o Barbera, né quanto lavoro dovesse fare il Cap. Gregg per tenere alto il prestigio britannico, finché non rimasi al comando. […] Quando fu chiamato in segreto [per l’incontro] molti [italiani] pensarono che li avesse abbandonati. Non potevo rivelare la verità […] e così mi trovai a stare, da solo, tra il vero e il falso. Gregg e io cercavamo di far comprendere agli italiani i costumi britannici, cercavamo di essere giusti ed equi e di ottenere gli stessi risultati che altri ottenevano con le torture e le uccisioni, e penso che ci siamo riusciti. Guadagnammo rispetto grazie alla sua [Gregg] leadership e una nube calò sul nostro battaglione quando scomparve.

La banda di Rowland, con il britannico accucciato in basso a sinistra.
Fonte: https://archives.msmtrust.org.uk/pow-index/hewison-rowland/

Rowland evita per poco di essere ucciso nella notte a Bettola, quando qualcuno fa fuoco su di lui. L’ufficiale è convinto siano uomini mandati da Rosso per sistemare i conti. Viene poi ordinato alla sua banda di spostarsi, entrando in una zona di pianura molto più pericolosa ed esposta agli attacchi nazi-fascisti. «Obbedii perché non potevo perdere la faccia». La tensione ormai alle stelle, Rowland sfida a duello Rosso per risolvere le loro dispute una volta per tutte. Tuttavia, proprio quando stava per iniziare il duello, il capitano Gregg fa il suo rientro: «non ero mai stato così felice di vedere qualcuno in tutta la mia vita». Nella confusione generale causata dal ritorno dell’ufficiale, Rosso ne approfitta per allontanarsi e Gregg sfrutta poi la sua autorità nella zona per riportare la banda sulle sue posizioni precedenti e smorzare molti attriti:

dopo uno scambio acceso di lettere, fu accordato un incontro tra Montenegro e Gregg, perché si incontrassero disarmati in un villaggio. Mi fu detto da Gregg di coprirlo da dentro un vecchio granaio in caso di tradimento, tale era la diffidenza e la tensione a questo punto. Rosso fu spostato con la sua banda e gli fu dato il posto di capo della polizia a Borgotaro, a 50 miglia di distanza.

A questo punto, gli ufficiali si dedicano ad organizzare l’evacuazione di prigionieri fuggiaschi verso sud, come era stato ordinato a Gregg durante il suo incontro con gli agenti del AMG. Nel novembre 1944, Rowland decide che anche per lui era venuto il momento di passare le linee del fronte «speravo di potermi unire all’AMG per poi essere paracadutato nel nord Italia per aiutare i fuggiaschi e i piloti abbattuti». Dopo un viaggio difficile e pericoloso, Rowland incontra infine le forze americane nel villaggio di Levigliani (Lucca). È finalmente in territorio amico, dopo quindici mesi di prigionia e più di un anno da fuggiasco. Tuttavia, le cose non vanno come aveva immaginato. Rowland viene portato a Firenze, per essere interrogato e quindi gli viene chiesto se ha bisogno di cure: «accettai, poiché soffrivo di una brutta irritazione alla pelle, e fui portato in un ospedale in ambulanza per essere curato, ma finii in un reparto pieno di neri americani». Dopo una settimana, appurato l’errore, viene trasferito di nuovo, ma di nuovo nel centro di riposo sbagliato e, per di più, in uniforme americana. «Me la spassai in città con un sergente canadese che stava a riposo per le ferite, lui fornì i soldi, io l’italiano. Fummo prelevati dai berretti rossi e messi agli arresti». Rowland viene caricato su un camion, imputato di diserzione. «Quando gli chiesi dove mi stessero portando mi risposero “al tuo battaglione”, io dissi “e dov’è?”, al che loro risposero “dove pensi che sia, dove l’hai abbandonato?”, io replicai “a Tobruk”». Chiarito il malinteso, viene riportato a Firenze e quindi a Napoli. Finalmente, è interrogato dall’AMG ma gli viene detto che non può arruolarsi con loro, deve prima tornare in Inghilterra.

A Pirbright mi fu detto “guardsman una volta, guardsman per sempre” e che mi avrebbero addestrato per andare in Giappone. Mi fu detto che ero stato raccomandato per una Military Medal. […] Mi immaginai di dover marciare di fronte al battaglione per riceverla, ma mi fu invece recapitata da un postino al mio cottage in campagna nel Buckinghamshire, due anni dopo la notifica ufficiale sulla London Gazette.

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Fonti