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Paul Bullard

Pittore, docente e all’occorrenza anche scrittore, Paul Bullard nasce a Londra nel 1918. In gioventù frequenta la scuola d’arte Clapham School of Art e nel 1940 presta servizio militare in Libia fino al 1942, anno nel quale viene catturato e tradotto successivamente in Italia, prima nel PG 66 di Capua e in seguito nelle Marche, presso il PG 53 di Sforzacosta, nel comune di Macerata.

Proprio nelle Marche, Bullard e altri suoi compagni ricevono la notizia dell’armistizio, occasione che gli consente di realizzare la fuga dal campo in cui era detenuto e di avventurarsi nella campagna marchigiana. In questo contesto hanno inizio le sue vicende, le quali comprendono la scoperta del mondo contadino, dei suoi usi e costumi, ma anche gli incontri, le osservazioni e gli scambi culturali avvenuti tra Bullard e la popolazione locale.

L’arrivo di Bullard presso la contrada Picacchi, nel comune di Gualdo (MC), dove risiedono la famiglia Cardarelli e la famiglia Di Luca, è un avvenimento che si verifica in circostanze quasi del tutto casuali. Bullard, successivamente alla fuga dal campo 53 di Sforzacosta[1] e nonostante il disorientamento provocato dal nuovo contesto della campagna marchigiana, tenta comunque di seguire una traiettoria di fuga che nei suoi piani avrebbe dovuto condurlo dalle truppe alleate che si trovavano a Sud.

Al 15 settembre molte guardie italiane iniziarono a disertare e, intorno alle quattro del pomeriggio, uscimmo dai cancelli, ignorando una guardia sulla torretta la quale si sbracciò chiedendoci di tornare [dentro], ma non ebbe il coraggio di puntarci contro il fucile[2] [… ] La cosa importante, per noi, era tenerci lontani da occhi indiscreti; la necessità di una dura marcia verso sud ci sembrava meno importante. Camminavamo attraverso un panorama fatto di colline coltivate e ripide valli fluviali, forse un poco strano in confronto al panorama idilliaco della Toscana [raffigurato] nei quadri fiorentini, ma simile a quelli nel senso che era sempre visibile almeno una cittadina sulla sommità di una collina[3].

Il percorso, però, non segue un andamento lineare e ben presto il continuo vagabondare senza orientamento e senza meta impone a Bullard la necessità di fermarsi. Il caso vuole che in quel momento egli si trovi nelle vicinanze delle due famiglie presso le quali lui e alcuni suoi compagni dimorano per i successivi sei mesi, approssimativamente dall’ottobre 1943 all’aprile 1944.

Verso il basso, dove il sentiero si divideva, c’era una casa in rovina; andando verso sinistra, il sentiero continuava giù fino ai Cardarelli, doveva avevamo bussato alcuni giorni prima; il lato destro del sentiero continuava fino ad un’altra casa, più o meno alla stessa distanza, che avremmo poi saputo essere quella di Di Luca. Non c’erano altre case più in basso da quel lato della valle; I sentieri e le piste continuavano attraverso piccoli campi ripidi e boschi per circa un altro miglio, fino a scomparire [sulle rive di] un fiume. Naturalmente, eravamo ancora all’oscuro di tali dettagli geografici, ma ci sembrò una zona tranquilla e relativamente sicura.[4]

La vita e il contatto con le famiglie e la popolazione locali hanno ben presto inizio con la scoperta e la conoscenza delle pratiche agricole maggiormente in voga in quel periodo e in quelle zone, come ad esempio la vendemmia. Tutto ciò offre a Bullard e compagni un’occasione feconda per iniziare a confrontarsi con il mondo contadino e le sue usanze. Nei fatti, Bullard e alcuni suoi compagni che dimorano presso le stesse famiglie italiane, vengono progressivamente impiegati a svolgere mansioni agresti, le quali offrono loro la possibilità di essere utili e contribuire al benessere proprio e a quello familiare. L’incorporazione all’interno della sfera familiare e soprattutto lavorativa, oltre a fornire ulteriore manodopera per i lavori agricoli, costituisce l’espediente ideale per i fuggiaschi inglesi di fronteggiarsi con un mondo totalmente differente.

Di grande importanza è il processo di coltura del vino, il quale costituisce il primo di una lunga serie di novità con cui Bullard entra in contatto durante la sua permanenza in contrada Picacchi. Lo stupore di fronte alla novità che caratterizza l’articolazione e i procedimenti delle mansioni contadine è un sentimento che Bullard esprime in diverse occasioni.

La calura rendeva il nostro lavoro nei campi piuttosto duro, ma c’era un sentimento di novità riguardo alle cose, e questo ci divertiva, mentre noi stessi divertivamo gli italiani con la nostra stupefacente ignoranza riguardo le semplici procedure che loro invece avevano appreso fin dall’infanzia. Un pasto veniva portato nei campi a metà giornata e c’era una grossa cena una volta tonarti a casa. Avemmo un’impressione leggermente falsata di quello che era lo standard di vita [dei contadini][5]

Nonostante il caldo contribuisca a peggiorare le condizioni di lavoro nei campi, il fatto che vi siano costantemente degli elementi di novità aiuta a mantenere il morale alto agli inglesi, i quali riescono ad entusiasmarsi grazie alle continue scoperte nel contesto agricolo. A questo sentimento, afferma Bullard, si contrappone il grado del divertimento provato dagli italiani nel costatare la completa ignoranza degli inglesi in campo agricolo.

Un episodio emblematico di quell’atteggiamento di stupore e sconcerto tipicamente inglese nei confronti della condotta dei contadini italiani in alcune situazioni è il verificarsi di un terremoto improvviso e delle sue conseguenze tra la gente del luogo:

In verità, il [terremoto] tremore si rivelò alquanto ridotto, ma ci furono dei danni nella provincia e dai Cardarelli apparve una grossa crepa nel muro di pietra della loro baracca dove tenevano il carro. Questi tremori non erano frequenti, ma I locali erano sufficientemente consapevoli del pericolo che costituivano per loro da gettarsi al di fuori [degli edifici] al primo segno o suono di movimento. La geologia più stabile delle isole britanniche non ci aveva preparati a quest’evenienza; anche se ci fu un leggero tremore quando eravamo al campo di prigionia, anche lì fu tutto finite ben prima che ce ne rendessimo conto.[6]

La reazione che lascia sconcertati i due uomini inglesi è indubbiamente la velocità con cui tutti i contadini abbandonano le loro mansioni per fuggire all’esterno della casa, gridando e mostrando di provare grande angoscia per quell’evento. Bullard afferma di essersi ritrovato a fissare negli occhi il suo compagno Norman in preda allo stupore per via della fuga improvvisa di Amilcare e Bastiano mentre questi ultimi si trovano ancora all’interno del trogolo.

Un altro aspetto bizzarro relativo alla vicinanza tra contadini e inglesi è la costatazione dell’esistenza di alcune differenze caratteriali e di abitudini tra la famiglia Di Luca e i Cardarelli, nonostante entrambe conducano uno stile di vita molto simile. Al tempo stesso, un aspetto curioso è che, agli occhi di Bullard, le stesse differenze tra le due famiglie sono state assunte in qualche modo anche dai rispettivi ospiti inglesi che vi risiedono.

Da allora – era il 20 ottobre – venimmo integrati nelle nostre rispettive famiglie. Anche se vivevano in maniera simile, c’erano molte differenze nel carattere delle due famiglie vicine e, anche se può sembrare fantasioso, i membri inglesi [delle famiglie] – selezionati in questo dal caso – sembrarono in qualche modo condividere queste caratteristiche. Forse arrivammo semplicemente a somigliare loro alla stesso modo in cui i padroni e i loro animali domestici si dice si somiglino.[7]

Questo processo di assimilazione delle caratteristiche della famiglia che li ospitava esprime bene il completamento del sodalizio affettivo e amicale tra italiani e inglesi, il quale, nella maggior parte dei casi, sfocia in veri e propri fenomeni di adozione degli ex prigionieri da parte delle famiglie ospitanti. Gli inglesi entrano così a far parte delle famiglie a pieno titolo, assumendo le loro caratteristiche, usi e costumi come se fossero i propri da sempre.

L’aggiunta di dettagli alla presentazione dell’ambiente familiare in cui vive Paul Ballard è contenuta nella descrizione dell’aspetto della casa e delle sue componenti facenti parte della proprietà della famiglia Cardarelli.

In generale, anche rispetto alle aree più arretrate dell’Inghilterra prima della guerra, la vita era molto più primitiva, anche se credo non fosse diversa [dalla situazione] delle aree più remote della Scozia o dell’Irlanda. Non c’erano servizi igienici di sorta, nemmeno una latrina, e tutti usavano i campi o – con il maltempo – la stalla.[8]

L’impressione generale a riguardo della vita dei contadini è legata all’arretratezza che non è minimamente paragonabile nemmeno alle zone più arretrate dell’Inghilterra prima del conflitto. In particolare, il segnale di arretratezza maggiormente evidente è l’assenza di sanificazione, soprattutto per quanto riguarda l’impiego dei gabinetti, la cui mancanza viene sopperita dall’impiego dei campi come zona adibita all’espletamento dei bisogni fisiologici. L’arretratezza è un aspetto che Bullard riscontra anche nell’organizzazione del lavoro dei contadini, specialmente nella tipologia di contratto che viene stipulato tra contadini e proprietari terrieri.

La casa e la terra appartenevano entrambi ad un proprietario che la fittava per un anno con l’affitto pagato in questa maniera: metà del raccolto dei campi, più una quantità fissa di prodotti quali pollame e uova. C’era anche l’obbligo di fornire un certo numero di giornate di lavoro per opere quali la riparazione delle strade comuni. Non proprio un sistema feudale, visto che l’affittuario non era legalmente legato [alla terra] ed era libero di andarsene – ma, d’altro canto, non aveva alcuna sicurezza di poter mantenere l’affitto.[9]

Il capo famiglia dei Cardarelli è Vivenzio, un uomo sulla sessantina che, nonostante non mostri quasi mai un temperamento sanguigno, gode tra gli altri membri di un’autorità incontestabile. La possibilità stessa degli ex prigionieri di essere ammessi in casa dipende da lui, pertanto, riferisce Bullard, è proprio da Vivenzio che proviene l’invito ad entrare in casa.

Ci invitò nella sua casa e la sua cortesia e scrupolosità nel trattarci diede l’esempio per gli altri. Non ricordo esattamente per quanto tempo dormimmo nella stalla, ma non passarono più di due settimane prima che un letto a cavalletto venisse preparato per noi in quella che doveva essere stata un’altra stanza usata come deposito. Eravamo parte della famiglia. Da parte nostra cercammo di mettere in chiaro che, nonostante la nostra totale incompetenza, avremmo fatto quello che potevamo per guadagnarci il nostro pasto.[10]

La narrazione dell’incedere delle stagioni procede di pari passo con la progressiva integrazione di Bullard all’interno della vita comunitaria presso la famiglia Cardarelli. Ogni stagione prevede dei compiti precisi da svolgere, pertanto la movimentata vita contadina offre a Bullard e ai suoi compagni l’opportunità di essere sempre impegnati in qualche mansione.

Hoop e io scivolammo senza problemi nella routine quotidiana. Non era un periodo dell’anno faticoso; l’uva – l’ultimo prodotto della stagione – era stata raccolta, l’aratura era quasi finita e aiutammo a zappare quelle parti scomode del terreno dove i buoi non potevano operare facilmente. Nonostante ciò, tutti sembravano sempre affaccendati, spesso in lavori che avrebbero stupefatto un agricoltore inglese.[11]

La partecipazione alla vita agricola è un elemento di fondamentale importanza nella vicenda di Paul Bullard, dal momento che l’unione con gli altri membri della famiglia nello svolgimento delle attività costituisce un’importante occasione di condivisione e di socializzazione, che nei sei mesi di permanenza presso la famiglia Cardarelli rappresenta tra questi un vero e proprio sodalizio.

Al termine della permanenza a contrada Picacchi, Bullard e i suoi compagni sostano per un breve periodo presso la famiglia Lucarelli di Cerreto D’Esi (AN), località che segna l’epilogo dell’esperienza bellica marchigiana di Paul Bullard. Infatti, nel 1944 la cittadina viene ben presto liberata dai nazifascisti, grazie anche all’arrivo delle truppe alleate provenienti dal Sud.

Campi legati a questa storia

 

Note:

[1] Manoscritto dell’autore presente nell’archivio del MSMT

[2] Bullard, Paul, Time off in the Marche, Chapter 1 – Finding our way, https://paulbullard.wordpress.com/time-off-in-the-marche-1943-44/chapter-1/

[3] Ibidem

[4] Bullard, Paul, Time off in the Marche, Chapter 2 – Picacchi and the grape harvest, https://paulbullard.wordpress.com/time-off-in-the-marche-1943-44/chapter-2/

[5] Ibidem

[6] Ibidem

[7] Ibidem

[8] Bullard, Paul, Time off in the Marche, Capter 3 – The Cardarelli farm, https://paulbullard.wordpress.com/time-off-in-the-marche-1943-44/chapter-3-the-cardarelli-farm/

[9] Ibidem

[10] ibidem

[11] Bullard, Paul, Time off in the Marche, Chapter 4- Everyday life on the Cardarelli farm, https://paulbullard.wordpress.com/time-off-in-the-marche-1943-44/chapter-4-everyday-life-on-the-cardarelli-farm/