Seleziona una pagina
w

Eric Morris

WO 208/3325/60

Eric Morris, un impiegato postale londinese, viene catturato a Tunisi, il 3 dicembre 1942, quando manca poco al suo ventesimo compleanno. Viene immediatamente trasferito in Sicilia, nel PG 98 di San Giuseppe Jato e quindi, un mese dopo, nel PG 66 di Capua, dove resta fino ad aprile 1943. A questo punto, viene spostato a Servigliano, nel PG 59, ma anche qui la sua permanenza è breve. Nel giugno 1943, infatti, trova la sua sistemazione “definitiva” in un campo di lavoro a Trino, collegato al PG 106 di Vercelli. Durante la sua cattività, Morris non tenta mai la fuga e la sua prima esperienza è quindi quella successiva all’Armistizio dell’8 settembre 1943. Anche questa, tutt’altro che rocambolesca:

[…] Le guardie italiane lasciarono il campo ed il giorno dopo (il 10 settembre) me ne andai con un altro soldato (di cui non so il nome) con l’intenzione di raggiungere il distretto vinicolo e trovare impiego lì fino all’arrivo delle truppe britanniche.

I due effettivamente trovano impiego in una vigna della zona il cui proprietario provvede a vestirli e paga loro uno stipendi di 50 lire a settimana. Tuttavia, alla fine di ottobre, la voce della loro presenza si diffonde ed il contadino, temendo per la propria incolumità, chiede loro di andarsene.

Ci rimettemmo in marci e varcammo il fiume Po con un traghetto, ma non fummo in grado di trovare lavoro nel distretto al di là del fiume, perché la gente ci era ostile. Decidemmo, dopo tre giorni, di ritornare nella zona da cui venivamo.
Riattraversammo il fiume Po usando un ponte vicino a Torino e a Morano sul Po incontrammo un italiano, il quale stava raccogliendo cibo per i partigiani e decidemmo di unirci a lui.

L’italiano li conduce nel villaggio, dove i due vengono alloggiati, nutriti e riforniti di nuovi abiti e scarpe. Il mattino dopo, vengono spostati via treno a Verres, in Valle d’Aosta, da dove una macchina li porta al villaggio di Brusson. «Fu lì che incontrammo i partigiani».

Morris ed il suo compagno restano con gli italiani per cinque settimane, partecipando alle loro attività. Con loro ci sono circa 20 soldati britannici.

A metà dicembre l’accampamento fu attaccato e dovemmo disperderci. Con un gruppo di cinque [persone], [il soldato semplice] Kitto, [il soldato semplice] Palmer, e due australiani ce ne andammo verso Gressoney, dove restammo qualche giorno. In questo periodo ci nutrimmo solo di castagne. Continuammo poi [verso sud] fino a Baio Dora, dove ci fu dato alloggio in un hotel per sei settimane.

Tuttavia, il gruppetto deve abbandonare anche questo nascondiglio. I fascisti, infatti, arrivano in paese e iniziano una ricerca casa per casa per stanare i partigiani locali. Ancora una volta, ricevono però l’aiuto della popolazione ed un loro contatto locale li fa alloggiare in una casa nel vicino borgo di Andrate.

A metà febbraio 1944, Morris decide di tornare a valle, sperando di poter raggiungere nuovamente la vigna dove aveva lavorato subito dopo la fuga dal PG 106. «Mi ritrovai però nel mezzo di una tempesta di neve e dovetti chiedere rifugio in un piccolo villaggio chiamato Piane […] dove rimasi per due settimane». Superato questo intoppo, Morris arriva effettivamente a destinazione, ma scopre che le cose sono cambiate: «mi dissero che i tedeschi avevano recentemente catturato molti soldati britannici che lavoravano nelle fattorie della zona e mi fu detto di andarmene». Morris torna quindi ad Andrate, dove resta una settimana, finché con i suoi compagni decide di tornare a Baio Dora. La decisione di partire è un colpo di fortuna. Il giorno seguente, infatti, i fascisti sono in paese, perquisiscono la casa che li aveva ospitati e torturano la proprietaria. La donna, tuttavia, non rivela loro nulla.

Alla fine di marzo i cinque si ripresentano ad Andrate per recuperare i loro averi, che trovano ben nascosti nella casa dalla loro ospite. Il giorno seguente, Morris e Kitto si spostano di nuovo, recandosi a Piane, dove alloggiano nella casa che aveva già ospitato Morris durante la sua prima visita in paese. I due restano lì fino a settembre 1944. «In quel periodo soffrii di appendicite e fui accudito dalla mia ospite e da un dottore, il quale viveva nella città vicina [Bollengo]».

All’inizio di ottobre, Morris e Kitto si uniscono ad un gruppo di 15 tra australiani e Neozelandesi nel borgo di Sala e, poco dopo, entrano in contatto con un italiano (in uniforme americana) il quale li indirizza verso il borgo di Perloz, da dove avrebbero potuto passare in Francia.

Partimmo il 26 ottobre con sei guide italiane passando per Ponte San Martino [Pont-Saint-Martin], Cogne e quindi in Val d’Isere, dove passammo il confine. Entrammo in contatto con le truppe americane il 1° novembre nel primo villaggio in cui incappammo una volta entrati in Francia.

Morris viene inviato a Marsiglia e quindi, il 14 novembre, nel Regno Unito (passando brevemente per Napoli), dove arriva il 2 dicembre 1944, a Liverpool, quando manca un giorno al secondo anniversario della sua cattura in Libia e una manciata al suo ventiduesimo compleanno.

Bibliografia/Fonti

TNA WO 208/3325/60, Morris, E. Prisoners of War Section. Escape/Evasion Reports: Code MI9/SPG: 2802.