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Bill Garton

Nottinghamshire Sherwood Rangers Yeomanry

Bill si arruola all’età di 18 anni nel Nottinghamshire Sherwood Rangers Yeomanry con cui parte per la Palestina. Il 29 maggio 1941 un bombardamento nemico colpisce la nave su cui è imbarcato, ancorata a circa undici miglia a ovest dall’isola di Creta e a est di Scarpanto. Mentre l’imbarcazione annega, Bill si cala in mare afferrando una panca da mensa che galleggia nelle vicinanze. Trascorre cinque ore in acqua, è stremato quando viene finalmente tratto in salvo. Si sveglia in un letto d’ospedale e scopre che a salvarlo sono stati gli italiani, di cui è però divenuto prigioniero.

Imbarcato su una ex nave da crociera giunge a Bari il 22 giugno, venendo da lì trasportato in treno presso il PG.66 di Capua. Il 12 luglio è di nuovo in viaggio, diretto presso il PG. 118 di Prato all’Isarco, a pochi chilometri da Bolzano. Il clima rigido della zona fa sì che prima dell’inverno i prigionieri siano nuovamente spostati, questa volta lungo la costa orientale, presso il PG. 78, di Sulmona. La baracca sessantaquattro sarebbe stata la sua casa per molto tempo.

Una mappa del campo di Sulmona realizzata da Bill.
Fonte: Bill Garton, resoconto, MSMT

L’8 settembre 1943 Bill, che assieme ad altri compagni sta giocando a calcio, riceve notizia dell’armistizio da alcuni civili italiani che si avvicinano al campo gridando attraverso il filo spinato. Il giorno seguente l’ufficiale britannico più anziano dirama l’ordine di rimanere nella struttura fino a quando non fossero stati presi accordi più precisi. Se le unità tedesche si fossero però avvicinate, il trombettista avrebbe suonato il suo strumento per tre volte di seguito e i soldati avrebbero potuto fuggire.

È quello che accade la sera del 12 settembre: al suono della tromba Bill lascia il campo, assieme ad alcuni compagni, dirigendosi verso le montagne limitrofe dove trascorre la notte. Quando diventa chiaro che il campo non è stato in realtà occupato dai tedeschi, che vi si sono avvicinati solo di passaggio, Bill decide di tornare nella struttura con l’intento di organizzare al meglio le provviste per una successiva partenza verso sud.

14 settembre: avevamo dormito all’aperto e ci svegliammo in una bella mattina di sole. Con grande sgomento il caporale Stapley ci disse: “Siete di nuovo prigionieri di guerra, i tedeschi hanno preso il controllo”. Ci lavammo e ci vestimmo di corsa e con tre colleghi ci recammo nella zona limitrofa. Camminammo tra le prime due file di baracche e, senza che ci fossimo allontanati troppo, una pattuglia tedesca venne verso di noi. […] Quando entrammo nello spazio aperto per avvicinarci alla nostra capanna si scatenò l’inferno. In seguito comprendemmo che il fuoco non era all’interno del campo ma sulle montagne e che sotto il fuoco di sbarramento la fanteria tedesca stava radunando i fuggiaschi. Oltre il 70% fu costretto a tornare indietro. Ora eravamo prigionieri di guerra tedeschi.

A partire dal 24 settembre e fino al 3 ottobre i tedeschi iniziano a trasferire i prigionieri in Germania. Bill viene fatto salire sullo stesso vagone dei compagni Denis e Cathray e con loro decide di tentare la fuga dopo aver forzato la porta dello scompartimento: «per Natale dovevamo essere a casa!».

Quando il treno rallenta i tre si calano da circa un metro e mezzo di altezza scivolando sui binari. Non hanno idea di dove siano, ma si avvicinano a un piccolo edificio con due stanze, presso cui chiedono ospitalità per la notte: si accorgono che vi sono già alloggiati due giovani italiani anche essi in fuga dai tedeschi. Dormono tutti sulla paglia in una stanza al piano inferiore.

Il mattino seguente scoprono di essere alla periferia di Celano (L’Aquila). Nel pomeriggio un uomo del posto chiede ai tre di seguirlo. Ancora in uniforme, si incamminarono su per una collina verso Celano. Sono condotti alla casa di Domenico Ranieri, produttore di capi di lana, che vi abita con la moglie, le due figlie e i quattro figli e che li avrebbe ospitati nei giorni a seguire. Trascorrono con la famiglia Ranieri circa dieci giorni.

Un disegno della casa che ospita Bill e i suoi compagni subito dopo la fuga dal treno
Fonte: Bill Garton, resoconto, MSMT

Bill era molto ansioso di andarsene, ma eravamo ben nutriti, avevamo una buona sistemazione per dormire e nei giorni a seguire il Sig. Ranieri reperì per noi abiti civili. Il nostro equipaggiamento militare fu seppellito una notte dietro un muro. Io avevo un abito e un mantello e, a causa dei capelli chiari, un berretto. Denis e Cathray avevano i capelli scuri.

Qualche giorno dopo, tuttavia, una visita di due tedeschi alla ricerca di lana presso il casolare spinge i tre compagni a decidere di rimettersi presto in cammino. La zona non è più sicura e temono, come accaduto altrove, di mettere in pericolo la famiglia Ranieri.

Il 14 ottobre sono nuovamente in viaggio dopo aver ringraziato calorosamente i propri benefattori. Il percorso tracciato sulla mappa li avrebbe portati a ovest, oltre le montagne, e poi a sud, verso la pianura occidentale. Transitano da Trasacco (L’Aquila) e poi giungono a Collelongo (L’Aquila). Bill si rende subito conto che, nonostante indossi un abito da contadino, i suoi capelli schiariti dal sole e gli occhi azzurri non lascino dubbi circa il suo essere uno straniero. Pur non essendone consapevoli i tre stanno seguendo l’antico percorso della transumanza attraverso i due sentieri che, partendo da L’Aquila e dal nord di Sulmona, si riuniscono a Celano, e che, attraverso Pescasseroli e Opi, superando il fiume Sangro fino a Piedimonte d’Alife (Caserta), permettono di dirigersi a sud-est verso Foggia o di proseguire verso sud-ovest in direzione Napoli.

Durante il cammino incontrano Jack, un prigioniero di guerra in fuga da un campo a nord di Sulmona che decide di unirsi al gruppo.

Raggiungono presto Villvallelonga (L’Aquila), dove cercano ospitalità presso una famiglia della zona: l’uomo proviene da Roma con la moglie e i due figli. Per la prima volta però l’accoglienza è fredda, senza offerte di cibo o bevande, i quattro si allontanano rapidamente. In lontananza, lungo la collina, possono vedere un distaccamento di soldati tedeschi a presidio di un pezzo di artiglieria.

Nei giorni a seguire, di nuovo in tre, transitano da Pescasseroli (L’Aquila) e si spingono fino a Opi (L’Aquila), un villaggio situato sulla cima di una montagna che «sembrava un cono gelato rovesciato». La strada è trafficata da veicoli tedeschi e i tre soldati preferiscono arrampicarsi sul fianco dell’altura. Quando arrivano in paese, decidono che Denis e Cathray sarebbero andati per primi, dal momento che l’”aspetto inglese” di Bill avrebbe potuto destare sospetti. Trovano ospitalità per la notte, questa volta nel seminterrato del barbiere del villaggio la cui bottega si affaccia sulla piazza del paese.

Il viaggio prosegue verso il Molise, i fuggitivi costeggiano la riva sinistra del fiume Volturno e si fermano presso Macchia d’Isernia. Raggiungo poi Sant’Agapito (Isernia). È l’imbrunire quando si avvicinano a una fattoria, dove sono invitati a cenare e a trascorrere la notte.

Al mattino del 22 ottobre 1943, un’anziana signora in sella a un asino li guida verso le montagne affinché possano prendere contatti con un pastore del luogo che ben conosce la zona e che li avrebbe condotti verso le truppe alleate. Con la loro nuova guida costeggiano il Monte Miletto. A metà pomeriggio si trovano all’estremità meridionale della valle; stanno per percorrere una strada asfaltata che porta a Piedimonte d’Alife (Caserta), quando il pastore li avverte che l’area è minata. Procedono dunque con estrema attenzione. A metà strada trovano un albergo.

Un uomo elegante con indosso un blazer blu con bottoni di ottone, pantaloni scuri e scarpe lucide si presenta all’ingresso dell’hotel. I suoi capelli sono lisci e brillanti. È  il proprietario della struttura, un inglese. Sa dove è possibile prendere contatti con gli americani e si offre dunque di accompagnarli.

Che sollievo quando alla fine arrivammo al quartier generale del Battaglione americano. Era ormai buio. Fummo brevemente interrogati e scortati in una grande tenda occupata da molti soldati. Tutti erano cordiali e facevano domande: da dove, da quanto tempo, ecc. ecc. Bill, sempre grato al pastore, chiese agli americani in che misura sarebbe stato rimborsato. Gli dissero che chiunque avesse assistito gli ex prigionieri di guerra attraverso le linee avrebbe ricevuto del denaro, e che per ogni soldato era stata indicata una cifra in dollari. L’importo non significava nulla per Bill, ma suscitò una risata quando disse: “Valiamo così tanto?”.

Il giorno seguente partono alla volta del quartier generale del Corpo vicino Caserta. Bill si offre di condurre gli americani lungo la valle per mostrare loro le posizioni tedesche.

Il 24 ottobre viaggiano in jeep fino al quartier generale dell’esercito britannico a Napoli, passando vicino a Capua e al campo per prigionieri di guerra dove Bill era stato internato per la prima volta, nel giugno 1941. Sono  alloggiati in un ospizio a Resina (Napoli), dove ricevono abiti da combattimento dell’esercito inglese.

Il 7 novembre vengono imbarcati su una nave americana con cui raggiungono Tunisi. L’11 novembre viaggiano in treno fino ad Algeri. Il 28 novembre sono nuovamente in mare, questa volta diretti a Liverpool. Il 13 novembre Bill è finalmente a casa a Nottingham: la promessa di essere a casa per Natale è stata mantenuta.

Nel corso degli anni Bill ha sempre mantenuto contatti con quanti lo avevano aiutato a Celano, in particolare con la famiglia Ranieri, presso cui era rimasto per tre settimane. L’8 settembre 1990 è tornato a trovare i suoi benefattori in compagnia della moglie. La Cronaca della Marsica racconta l’incontro:

Ho incontrato Irvin, Egidio e Tonino Ranieri con le loro sorelle Assunta, Olga ed Elda, che all’epoca erano tutte molto più giovani, e abbiamo avuto un incontro intenso e ricco di emozioni. Certo, molte cose sono cambiate, ma con un po’ di memoria sono riuscito a ritrovare le sensazioni di quei giorni del 1943 che erano stati allo stesso tempo terribili, per il pericolo di essere ricatturati, e bellissimi per la consapevolezza di essere protetti da grandi amici.

Campi legati a questa storia

Fonti