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PG 78 - Sulmona

Autore/i della scheda: Costantino Di Sante

Dati sul campo

Comune: Sulmona

Provincia: L'Aquila

Regione: Abruzzo

Ubicazione: Fonte d’Amore - Sulmona

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 78

Numero di posta militare: 3300

Campo per: ufficiali - sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: IX Corpo d’Armata

Scalo ferroviario: Sulmona

Sistemazione: baraccamento

Capacità: 3000

In funzione: da 10/08/1940 al 08/09/1943

Comando/gestione del campo: Colonnello d’artiglieria Giulio Mazzucchetti (10 agosto 1940 – marzo 1941); Tenente Colonnello dei Carabinieri Renato Bonichi (8 marzo 1941 – 2 aprile 1941); Colonnello dei Granatieri Mario Damiani (2 aprile 1941 – dicembre 1941); Colonnello Giuseppe Santoro (dicembre 1941 – 12 settembre 1943).

Cronologia:
10 agosto 1940 apertura del campo e arrivo dei prigionieri francesi.
9 settembre 1940 arrivo dei primi prigionieri inglesi catturati in Libia.
2 dicembre 1940 due prigionieri inglesi evadono dal campo travestiti da soldati italiani. Sono ripresi dopo pochi giorni.
2 febbraio 1941 tre ufficiali inglesi riescono ad evadere travestiti con uniformi italiane.
Marzo 1941 affluiscono 37 paracadutisti inglesi catturati in varie parti regioni d’Italia.
14 aprile 1941 da Catania giungono 5 generali inglesi e un maggiore.
26 maggio 2941 due ufficiali inglesi rimangono feriti mentre tentano di evadere.
7 agosto 1941 viene scoperta una galleria di 22 metri scavata dai prigionieri per tentare la fuga.
26 dicembre 1941 viene ucciso il soldato Daniel Cobbett e ferito gravemente il suo compagno d’armi Sydney Weeks.
12 febbraio 1942 arrivo dal campo n. 71 di Aversa di 41 ufficiali serbi.
19 febbraio 1942 viene arrestato alla frontiera svizzera il maggiore A.J. Deane Drummond che alcuni giorni prima era riuscito a fuggire dal campo di Sulmona.
26 febbraio 1942 arrivo dal campo n. 83 di Fiume di 83 ufficiali montenegrini e 63 ufficiali dalmati.
26 aprile 1942 arrivo di 13 ufficiali jugoslavi.
2 maggio 1942 giungono al campo 61 prigionieri di guerra australiani e indiani provenienti dai campi di Montalbo (PC) e di Padula (SA).
10 maggio 93 ufficiali inglesi sono trasferiti nei campi di Montalbo (PC) e di Padula (SA).
30 giugno 1942 arrivo da Roma di 5 generali inglesi.
1 luglio 1942 trasferiti nel campo n. 69 di Vetralla (Viterbo) 200 prigionieri inglesi.
20 luglio 1942 arrivo di 16 ufficiali indiani.
24 luglio 1942 200 prigionieri inglesi sono inviati all’Aquila per essere impiegati nel locale campo di lavoro n. 102 (caserme funzionali).
14 agosto 1942 50 prigionieri inglesi sono inviati all’Aquila.
Ottobre 1942 i prigionieri jugoslavi sono trasferiti nel campo di concentramento n. 43 di Garessio (CN).
2 gennaio 1943 50 prigionieri inglesi sono inviati all’Aquila ed assegnati alla ditta S.A. Rotundi.
26 gennaio 1943 il prigioniero australiano William Douglas Pitt muore dopo essere stato ferito mentre tentava di scavalcare il muro di cinta del campo.
20 febbraio 1943 350 prigionieri inglesi sono ceduti alla società Alba per essere utilizzati come manovali presso le miniere di Acquafredda nel comune di Roccamorice (PE).
25 maggio 1943 54 prigionieri britannici sono inviati ad Ortucchio (AQ) per essere temporaneamente impiegati nei lavori agricoli dal Principato di Torlonia del Fucino.
2 giugno 1943 scoperta una galleria di circa 18 metri scavata dai prigionieri australiani.
2 luglio 1943 2 ufficiali inglesi sono ripresi dopo l’evasione dal campo.
16 luglio 1943 viene scoperta una galleria lunga 17,50 metri scavata dai prigionieri francesi degollisti.
9-10 settembre 1943 1 generale di divisione, 9 generali di brigata e 9 soldati fuggono da villa Orsini.
10 settembre 1943 sono tagliate le recinzioni del campo.
12 settembre 1943 gran parte dei prigionieri si rifugia nelle colline circostanti.
16 settembre 1943 la struttura viene usata dai tedeschi come campo di transito per la deportazione dei prigionieri verso la Germania.

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Sulmona

Data Generali[1] Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.3.1942 4 186 228 1697 2115
1.4.1942 184 228 1686 2098
1.5.1942 184 223 1673 2080
1.6.1943 94 229 1681 2004
1.7.1943 1 89 228 1693 2011
1.8.1942 8 119 228 1366 1721
1.9.1942 8 124 244 1457 1833
31.10.1942 11 204 309 1872 2396
30.11.1942 11 203 358 2353 2925
31.12.1942 11 207 363 2369 2950
1.1.1943 10 209 398 2486 3103
28.2.1943 11 219 398 2488 3116
31.3.1943 13[2] 229 390 2443 3075
30.4.1943 11 223 361[3] 2271 2866
31.5.1943 11 225 386 2700 3322
30.6.1943 11 226 358 2706 3301
31.7.1943 11 68 2681 2760
31.8.1943 10 33 379 2293 2715
  [1]  I generali sono ospitati a Villa Orsini. [2]  Di cui due ufficiali americani. [3]  Di cui due americani.

Note: 50 posti del campo erano riservati ad ufficiali.

Storia del campo

Quello di Sulmona, in provincia dell’Aquila, è il primo campo per prigionieri di guerra aperto sul territorio metropolitano durante la Seconda guerra mondiale. Istituito riattivando in parte la struttura utilizzata già durante la Prima guerra mondiale nella località “Fonte d’Amore” per prigionieri austro-ungarici. Al termine del conflitto le baracche ancora esistenti vengono utilizzate dall’esercito come deposito per il locale “campo di artiglieria”.
I lavori di riadattamento iniziano il 16 luglio 1940 quando l’Ufficio lavori del genio militare di Bari chiede al Comune della città la cessione gratuita di otto ettari di terreno in contrada “Marane” adiacente all’ex campo. Ufficialmente il campo torna attivo il 10 agosto 1940 e nelle prime settimane ospita alcune centinaia di soldati francesi. Quando arrivano i primi scaglioni di prigionieri i lavori di riattivazione della struttura non sono ancora terminati.
Il 9 settembre arrivano i primi prigionieri inglesi catturati sul fronte libico. I soldati nemici sono trasportati con il treno e dalla stazione ferroviaria di Sulmona sono successivamente scortati dal locale presidio militare per circa 5 chilometri fino al campo di “Fonte d’Amore”. Il campo si sviluppava su di un leggero declivio ai piedi del monte Morrone a circa 350 metri sul livello del mare. Diviso in due settori, la parte superiore, dove alloggiavano gli ufficiali e, quello inferiore, per sottufficiali e la truppa. Per ospitare i generali catturati fu utilizzata Villa Orsini situata nei pressi del centro abitato di Sulmona.
Il 18 settembre successivo il presidente della Commissione interministeriale ed alcuni rappresentanti della CRI si recano al campo di “Fonte d’Amore” per effettuare una ispezione. Rilevano che, nonostante siano ancora in corso i lavori a cura del genio militare, nel complesso la struttura “si presenta molto bene” e che presto “potrà essere visitato dai rappresentanti delle Potenze Protettrici”. L’8 ottobre vi si reca anche il sig. H. De Pourtalés, cittadino svizzero, in qualità di delegato del Comitato internazionale della Croce rossa di Ginevra (ICRC). Pourtalés sembra che non abbia fatto nessuna osservazione sul trattamento dei prigionieri e sull’organizzazione del campo. Anzi, a detta del tenente medico Giovanni Perilli e del commendator Guazzoni dell’Ufficio prigionieri della CRI che lo accompagnano, “ha espresso il suo incondizionato compiacimento definendo il campo di Sulmona ‛campo modello’”. Le stesse impressioni sono confermate dalle successive visite del Nunzio apostolico Borgoncini Duca e da tredici giornalisti stranieri a cui viene fatto visitare il campo verso la metà di dicembre. In verità la condizione non è così ottimale. Nello stesso periodo, da parte dei fiduciari prigionieri, diverse lagnanze sono rivolte al delegato dell’ICRC Pierre Lambert e all’addetto militare presso l’ambasciata americana degli Stati Uniti di Roma tenente colonnello Fiscke. La lamentela più sentita, oltre per l’insufficiente approvvigionamento idrico e alla lentezza con la quale i prigionieri ricevono la posta e la paga, riguarda il mancato riscaldamento delle camerate, visto che nella zona d’inverno le temperature sono molto rigide. Il freddo è difficile da combattere anche perché gli indumenti di lana sono scarsi come le scarpe adeguate al clima. Molti dei prigionieri inglesi sono stati catturati in Libia e trasferiti in Italia con un abbigliamento non adatto per affrontare il rigido inverno abruzzese.
A questi problemi iniziali nei mesi successivi si aggiunge il sovraffollamento con l’arrivo dei prigionieri jugoslavi. Le baracche, ognuna di 6 metri per 6, alcune delle quali in pessimo stato, e che potevano ospitare circa 60 persone, arrivano ad ospitarne anche 80. Questo provoca un ulteriore aggravamento delle condizioni igieniche, con le cimici che infestano le camerate, le latrine sono poco funzionali e spesso si assiste alla tracimazione delle fogne. Il malumore serpeggiava tra i prigionieri, non solo per i problemi logistici ma anche perché quasi tutti i pacchi prima di essere consegnati venivano manomessi dalle guardie che vi asportavano parte del contenuto, soprattutto il tabacco. Dopo alcuni tentativi di evasione e una sommossa da parte dei prigionieri nel dicembre del 1941 sedata con l’utilizzo anche delle armi da parte delle guardie, la vigilanza diventa più rigida. Le nuove misure non scoraggiarono il maggiore paracadutista A.J. Deane-Drummond che riuscirà a fuggire insieme ad altri due compagni, uno dei quali sarà ferito e subito ripreso e al’altro ricatturato nei pressi di Pescara. Deane-Drummond riuscì invece a raggiungere la frontiera Svizzera. Arrestato a Chiasso viene riportato al campo 78 da dove, il 19 febbraio 1942, sarà trasferito al campo di S. Romano (PI).
In seguito ad altri tentativi di fuga e ad alcune lamentele da parte dei fascisti locali per la poca sicurezza del campo, nella primavera del 1942 il Ministero della Guerra decise di trasferire in altre strutture alcuni dei prigionieri ritenuti più facinorosi. Dal 6 al 10 maggio fu predisposta la partenza dal campo di Sulmona di 134 ufficiali (120 inglesi, 9 sudafricani e 5 neozelandesi) al loro posto sarebbero arrivati altrettanti ufficiali australiani e indiani.
Con l’arrivo della bella stagione le condizioni abitative del campo migliorarono e anche il morale dei prigionieri che si potevano dedicare anche ad alcuni svaghi all’esterno delle baracche. Volontariamente i prigionieri avevano costruito un campo dove poter giocare a calcio, a basket e a tennis, mentre una baracca era stata adibita a teatro. Nel frattempo, l’ambasciatore degli Stati Uniti era riuscito a far arrivare al campo di Sulmona tre grandi casse di libri in lingua inglese.
Verso la fine del 1941 il campo era diviso in cinque perimetri: uno destinato ai francesi, uno ai sottufficiali alleati, due ai soldati alleati e uno agli ufficiali.
Il 1° luglio 1942, tra coloro che si erano volontariamente offerti per il lavoro, furono selezionati 202 prigionieri che avevano dimestichezza per i lavori edili. Assegnati ad una ditta privata, furono inviati a Vetralla (VT) per la costruzione del campo di concentramento n. 68. Il 24 successivo altri 200 prigionieri inglesi, volontari di professione muratori, carpentieri e manovali, sono inviati all’Aquila per essere impiegati dalla Società Imprese Industriali nel locale campo di lavoro n. 102 (caserme funzionali).
Nel novembre del 1942 il campo, che era diviso in due settori, quello superiore abitato dagli ufficiali, quello inferiore destinato a sottufficiali e soldati, risultava troppo popolato. Anche dopo il trasferimento dei prigionieri jugoslavi vi furono inviati altri prigionieri britannici. La situazione delle presenze a metà del mese risultava essere la seguente: 2202 inglesi, 120 australiani, 12 canadesi, 2 neozelandesi, 22 sudafricani, 49 mediorientali, 1 indiano, 29 degollisti, 3 jugoslavi e 2 di altre nazionalità.
Per migliorare le condizioni abitative e porre rimedio al sovraffollamento, verso la fine del gennaio 1943, viene deciso di ampliare il campo portando la sua capacità a 3.000 dai 2.000 posti iniziali. Nel corso dell’anno, mentre alcuni prigionieri sono impiegati nella costruzione del nuovo settore, altri vengono inviati a lavorare in tre distaccamenti di lavoro: a Ortucchio nel Fucino (AQ), utilizzati per i lavori agricoli, il 15 marzo 50 prigionieri sono ceduti alla Ditta C.E.S.T.M. dell’Aquila, mentre il 20 febbraio precedente circa 100 prigionieri furono ceduti alla Ditta Alba che gestiva le miniere di Acquafredda nel comune di Roccamorice (PE). Quest’ultimo distaccamento, contrassegnato con il numero 78/1, dipese direttamente dal campo di Sulmona. Con l’invio di altri prigionieri, in gran parte neozelandesi e australiani, provenienti dal campo n. 21 di Chieti, il distaccamento di Acquafredda raggiunse le 350 unità. Costretti ad un duro lavoro nelle cave, quando si videro ridurre le razioni di cibo e la consegna dei pacchi della Croce rossa scioperarono fino a che le condizioni non furono migliorate.
Nonostante alcuni accorgimenti, le condizioni del campo 78, vista anche la zona dove si trovava, fredda in inverno e calda in estate, non furono mai ottimali. Nel dopoguerra vi furono anche delle indagini da parte delle autorità inglesi su come erano stati trattati i prigionieri, in particolare per l’uccisione e il ferimento di due di essi. La sera del 26 dicembre 1941 il soldato Daniel Cobbett fu ucciso da una sentinella e il suo compagno Sydney Weeks fu gravemente ferito con il calcio di un fucile. Dalle testimonianze dei prigionieri inglesi risulta che le due sentinelle spararono perché erano ubriache mentre Weeks si era salvato perché non erano riusciti a ricaricare il fucile. Secondo la versione italiana invece l’episodio era stato causato dai due prigionieri che, dopo aver assistito ad uno spettacolo teatrale, mentre stavano rientrando nelle loro baracche, si erano avvicinati con fare minaccioso verso le guardie nonostante gli fosse stato intimato l’alt. Secondo le autorità italiane “la pattuglia non avrebbe potuto comportarsi in modo diverso”. Le due sentinelle furono premiate e le attività ludiche del campo furono sospese. Nel dopoguerra i responsabili furono individuati, ma mai rintracciati.
Il 10 dicembre 1942 il prigioniero australiano William Douglas Pitt fu ferito gravemente da una sentinella mentre tentava di scavalcare il muro di cinta. Morirà il 26 gennaio 1943, molto probabilmente a causa delle ferite riportate.
Altri prigionieri internati a Sulmona testimoniarono di avere subito maltrattamenti e delle dure punizioni per aver provato a fuggire. Diversi furono i tunnel scavati dai prigionieri per tentare delle evasioni collettive, ma furono sempre scoperti.
Dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre nel campo regna un clima di confusione e incertezza su cosa fare. Il 12 settembre arrivano i tedeschi e si presume che solo metà dei 600 prigionieri che, nel frattempo, erano riusciti a darsi alla fuga, grazie anche all’aiuto della popolazione locale, riusciranno a mettersi in salvo. Anche gli ufficiali ospitati a Villa Orsini riescono a fuggire e, con la collaborazione delle genti del posto, riescono a non essere ripresi durante i rastrellamenti operati dai tedeschi nella zona. Nelle settimane successive, sotto il controllo tedesco, la struttura sarà utilizzata come campo di transito per la deportazione nel Terzo Reich per i prigionieri ripresi nel territorio e per quelli del vicino campo n. 21 di Chieti.
I prigionieri che lavoravano nel distaccamento di Acquafredda dopo l’armistizio riuscirono a fuggire, in parte trovarono rifugio presso l’abitato di Caramanico (PE) e altri, aiutati dai pastori e dai contadini, nelle grotte e nelle masserie della Valle dell’Orfento. Nell’area vicino alla miniera sono ancora visibili alcuni resti delle baracche dove erano stati alloggiati.
Le strutture dell’ex campo di Sulmona e il perimetro dove sorgeva saranno utilizzati dall’esercito italiano come base militare di addestramento e come depositi delle munizioni. Nel corso del tempo gran parte delle baracche, che insistevano su un sito archeologico, vengono demolite. Solo una fila è rimasta così com’era. In queste, oltre ad alcuni soffitti con le travi originali, sull’intonaco interno sono conservati disegni e graffiti che raffigurano i battaglioni di appartenenza e i nomi degli autori. In alcune pareti sono ancora visibili i turni di pulizia dei prigionieri e scritte varie. Nel dicembre del 2020 quest’area dell’ex campo 78 è stata ceduta dallo Stato al Comune di Sulmona (AQ) al fine di avviare l’opera di conservazione e valorizzazione della sua storia.
Dal 2002 l’Associazione “Il sentiero della libertà-Freedon trail” organizza una marcia a tappe di tre gironi, da Sulmona a Casoli, per ricordare la via di fuga degli ex prigionieri sui sentieri della Maiella.

Fonti archivistiche

Bibliografia

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