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PG 63 - Carinaro-Aversa

Autore/i della scheda: Isabella Insolvibile

Recinzione interna del campo di concentramento n. 63 di Carinaro (CE) - Archivio AUSSME, Fototeca 2 Guerra Mondiale Italia 507/636

Dati sul campo

Comune: Aversa (Carinaro)

Provincia: Napoli (Caserta)

Regione: Campania

Ubicazione: Carinaro - Aversa (Carinaro)

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 63

Numero di posta militare: 3400

Campo per: ufficiali - sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: Difesa Territoriale Napoli

Scalo ferroviario: Aversa

Sistemazione: baraccamento

Capacità: 500-600

In funzione: da 09/1942 al 08/1943

Comando/gestione del campo: Col. Vincenzo Cione

Cronologia:
Settembre 1942: al campo sono assegnati ufficiali alleati e loro ordinanze
Novembre 1942: dopo la partenza dei sudafricani, il campo è destinato a prigionieri indiani
Febbraio 1943: 400 prigionieri del campo vengono impiegati per la rimozione delle macerie presso l’aeroporto di Napoli
28 febbraio 1943: il prigioniero Hari Parshad Thapa muore di polmonite
Agosto 1943: il campo è disciolto

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Aversa (Carinaro)

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
30.9.1942   467 1 112 580
31.10.1942   359 1 112 472
30.11.1942   352 1 52 405
31.12.1942   353 1 52 406
31.1.1943   358 29 478 865
28.2.1943   358 29 478 865
31.3.1943   357 29 478 864
30.4.1943   322 29 477 828
31.5.1943   327 30 477 834
30.6.1943   326 30 477 833
 

Storia del campo

Dei due campi insediati nell’agro aversano, nell’attuale provincia di Caserta, solo quello di Carinaro
(all’epoca frazione di Aversa, oggi comune autonomo), detiene quantità consistenti di prigionieri alleati. Il campo viene aperto nell’estate 1942 e ospita, all’epoca della prima visita dei delegati della potenza protettrice (novembre 1942) 365 prigionieri, 59 dei quali sudafricani (trasferiti entro il novembre 1942) e tutti gli altri indiani, perlopiù ufficiali. Il campo diviene quindi un sito riservato ai prigionieri indiani, tra i quali il futuro presidente pakistano Yahya Khan, che vi svolge le funzioni di aiutante di campo del senior Indian officer, il maggiore P.P. Kumaramangalam (capo di stato maggiore dell’esercito indiano tra 1967 e 1970).
Secondo il delegato svizzero, che lo visita nel novembre 1942, «il campo, con i suoi bei viottoli e le sue baracche, le costruzioni di diversi colori e forme gradevoli e i giardini ornamentali, dava una sensazione di casa» [TNA, WO 224/126]. Le diverse etnie hanno cucine e refettori separati. La descrizione del delegato evidenzia bene il mondo multietnico raggruppato a Carinaro:

A civilian captain of the mess buys the provisions for the Italians as well as for the Indian officers, as their rations are identical the purchase can be combined but instead of beef the Indian prisoners of war must have lamb or goat. The ram or he-goat for the hindus must be slaughtered by an axe, whereas lambs for the moslems must be butchered by a cut in the throat. The quantity purchased must correspond to the rations, if it is in excess the meat is kept for the following week. This matter had to be discussed with the commander in order to obtain ice for keeping the remains of the two sheep slaughtered. If one sheep only could be butchers per week, instead of two, for the hindus and moslems together but according to the camp leader’s statement this would be contrary to their religious customs, and thus part of the meat remains for the following week. [TNA, WO 224/126]


Anche Carinaro, tuttavia, presenta i soliti problemi dei campi italiani, a partire dall’assenza di riscaldamento e di vestiario invernale per i prigionieri. Tuttavia, costoro sembrano stare bene e sono assistiti medicalmente, anche se alcune fonti riferiscono che l’ufficiale medico italiano del campo ostacoli i contatti tra il dottore indiano e i prigionieri e imponga l’uso della lingua inglese. A parte questo, i reclusi possono praticare i propri culti con la più totale libertà, oltre a varie attività ricreative e educative. Il campo non è, tuttavia, particolarmente ampio, e ciò impedisce la costruzione di un campo da calcio, addirittura considerato, dal delegato ICRC, «essential as a measure to couteract [sic] the depression and state of nervousness which shows itself among the prisoners, on accont of their lack of occupation and the paucity of liberty to move about energetically in the open air» [TNA, WO 224/126].
Il nunzio apostolico si reca a Carinaro nel febbraio 1943 e ne parla nei seguenti termini:

Il campo n. 63, situato a Carinaro, è uno dei più bei campi che abbia finora visitato. […] L’ottimo Colonnello Comandante mi ha dato la possibilità di fare un’accurata visita di tutti i locali. […] Il campo è diviso in due grandi settori e i prigionieri sono tutti indiani. Il primo settore racchiude 358 ufficiali. le camerate sono belle, sempre piene di luce, attorniate da piccoli giardinetti e da orticelli, lavorati dagli stessi prigionieri. Gli ufficiali superiori sono sistemati, due per ogni cameretta. Il salone del refettorio era diviso da una tenda in due parti, per la distinzione delle caste; tutto era lindo e i tavoli erano coperti da tovaglie bianchissime. A disposizione degli ufficiali c’è una scuola, uno spaccio, un magazzino viveri, dove i prigionieri depositano parte della roba che arriva per pacchi, la quale serve per migliorare la mensa, e una cucina molto ben messa. Gli ufficiali erano tutti ben vestiti con scarpe nuovissime, giunte recentemente dall’Inghilterra. L’Unione Militare Italiana fornisce anche ad essi generi di vestiario. Prima che mi allontanassi da questo settore, un ufficiale medico indiano mi ha espresso il desiderio, a nome di altri 37 medici, di poter essere divisi nei vari campi di prigionieri in Italia onde potere esercitare la loro professione. È venuto a baciarmi l’anello un Principe dell’Afganistan, anche esso prigioniero. I cattolici erano in numero di 4. Il secondo settore comprendeva 478 soldati di truppa e sottufficiali, tutti di [sic] Nepal, ben conoscibili dai tipi che sono tra l’indiano e il cinese. Anche qui i cattolici erano 4. Il Colonnello Comandante fa tutto il possibile per rendere meno penosa la condizione dei prigionieri, specialmente ufficiali. [AAV, IAC, UIV, Sez. Segr., b. 518]


In quello stesso mese di febbraio 1943, 400 prigionieri indiani di Carinaro risultano impiegati a Napoli presso l’aeroporto di Capodichino come «manovalanza per conto della regia aeronautica». Si occupano della rimozione delle macerie dei bombardamenti. La loro paga consiste in una razione supplementare di rancio e in qualche promessa relativa a un pagamento in denaro.
Il 28 febbraio 1943 il prigioniero Hari Parshad Thapa muore in ospedale per le conseguenze di una grave polmonite. Secondo la fonte, il ricovero di Thapa è stato a lungo rimandato dall’ufficiale medico italiano del campo di Carinaro, e ciò ha aggravato irrimediabilmente le sue condizioni di salute[1].
Il campo risulta disciolto dalla data dell’8 agosto 1943. I prigionieri vengono trasferiti al campo 91 di Avezzano.

Al di là del caso, mai chiarito, di Hari Parshad Thapa, e dell’impiego, senza dubbio pericoloso, presso l’aeroporto di Napoli, non si hanno notizie di altre gravi violazioni della Convenzione di Ginevra o crimini di guerra commessi nel campo.
Il sito di Carinaro viene successivamente trasformato dagli Alleati nel PW Camp n. 326, per tedeschi e militari della RSI. Vi vengono internati, tra gli altri, i generali tedeschi Anton Dostler, fucilato nel dicembre 1945, e Frido von Senger und Etterlin, poi trasferito in Gran Bretagna. Nel 1946 il campo è adattato a ospitare profughi giuliani e dalmati, che in parte vi resteranno fino alla fine degli anni Cinquanta.
Oggi, la memoria del campo è praticamente inesistente.

[1] Il database della Commonwealth War Graves Commission non riporta il nominativo di Hari Parshad Thapa. Con il suo numero di matricola (9234) è, però, registrato il fuciliere indiano Hari Parshad Bura, che risulta deceduto il 27 febbraio 1943 in Egitto, e sepolto all’Alamein Memorial. La coincidenza onomastica e, soprattutto, cronologica, è significativa.

Fonti archivistiche

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