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PG 82 - Laterina

Autore/i della scheda: Isabella Insolvibile

Dati sul campo

Comune: Laterina

Provincia: Arezzo

Regione: Toscana

Ubicazione: Laterina - Laterina

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 82

Numero di posta militare: 3200

Campo per: sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: Difesa Territoriale Firenze

Scalo ferroviario: Laterina

Sistemazione: attendamento, poi baraccamento

Capacità: 6000

In funzione: da 08/1942 al 08/09/1943

Comando/gestione del campo: Col. Teodorico Citerni

Cronologia:
Estate 1942: il campo entra in funzione. I prigionieri sono sistemati in attendamenti.
Novembre 1942: i prigionieri cominciano a occupare le prime baracche.
Primavera 1943: molti prigionieri sono assegnati a distaccamenti di lavoro
Settembre 1943: i prigionieri scappano dal campo e dai distaccamenti. La gran parte sarà ricatturata.
Dopoguerra: le due indagini per crimini di guerra avvenuti nel campo portano alla condanna simbolica del comandante, col. Citerni

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Laterina

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.9.1942 1 203 2169 2373
30.9.1942 6 207 2159 2372
31.10.1942 5 248 2511 2764
30.11.1942 5 247 2516 2768
31.12.1942 5 242 2511 2758
31.1.1943 5 240 2472 2717
28.2.1943 5 240 2469 2714
31.3.1943 5 262 2215 2482
30.4.1943 5 332 2616 2953
31.5.1943 5 302 2415 2722
30.6.1943 5 337 2975 3317
31.7.1943 5 3925 3930
31.8.1943 11 515 6416 6942

Storia del campo

Il campo, destinato a sottufficiali e truppa, risulta operativo dal settembre 1942 al settembre 1943. La prima sistemazione è in attendamenti non illuminati artificialmente né riscaldati. Tuttavia, già nel novembre dello stesso anno risultano pronte le prime baracche. Permangono, tuttavia, problemi relativi all’illuminazione e, soprattutto, al riscaldamento, «previsto ma non fornito», ma anche allo spaccio inesistente, alle scarse scorte di tabacco, legna, vestiario, medicinali e insetticidi. Inoltre, è evidente l’inadeguatezza delle installazioni sanitarie, mediche e infermieristiche e, in generale, igieniche.

Nel gennaio 1943 si dispone l’ampliamento del sito per ben 3.000 posti. Nel febbraio successivo, tuttavia, la direzione di sanità militare di Firenze riscontra ancora carenze relative alle latrine, all’approvvigionamento idrico, alle fognature, al vestiario dei prigionieri. Tali pecche non sono tuttavia rilevate, se non parzialmente, dai delegati della potenza protettrice, che si limitano a rilevare lo stato insoddisfacente delle installazioni sanitarie, mentre si dichiarano pienamente soddisfatti del trattamento riservato ai prigionieri alleati ricoverati presso l’ospedale di Arezzo.

Nella primavera successiva, molti prigionieri di Laterina vengono assegnati a distaccamenti di lavoro, mentre quelli che restano al campo risultano ormai tutti sistemati in baracche ben ventilate e attrezzate. Permane qualche problema di approvvigionamento idrico e di illuminazione, mentre lo spazio risulta sufficiente solo perché la struttura è occupata per metà della sua capienza.

I prigionieri di Laterina vengono impiegati perlopiù in agricoltura, ma talvolta anche in settori a loro non graditi e addirittura in palese violazione della normativa ginevrina, che prevede l’impossibilità di utilizzare il prigioniero di guerra in compiti connessi allo sforzo bellico del detentore. Ad esempio, uno dei soldati alleati impiegati nel 1943 in una fabbrica di mattoni nell’area di Lucca dichiarerà successivamente che ciò è avvenuto nonostante i prigionieri si fossero detti disposti a svolgere esclusivamente lavori agricoli. Ancora più esplicita è la violazione dell’articolo 31 nel caso dei prigionieri, dello stesso campo, messi a disposizione di un’impresa genovese che si occupa dell’edificazione del silurificio di Livorno. Il loro caso costituirà poi elemento di accusa in un’indagine per crimini di guerra.

Nello schema che segue si riassume l’impiego lavorativo dei prigionieri alleati di Laterina:

11.1942
Lappato (PI)
Soc. An. Ceramica Lucchese, industria manifatturiera
50 sudafricani

2.1943
Saonara e Loreggia (PD)
Per Saonara non precisato, per Loreggia villa
Wollemberg, agricoltura
250 sudafricani (bianchi)

3.1943
S. Quirico d’Orcia (SI)
Non precisato
70 sudafricani (bianchi)

3.1943
Livorno
Impresa Mantelli Corbella e C., edilizia (costruzione silurificio)
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Lastra a Signa (SI)
Non precisato
50 sudafricani (bianchi)

3.1943
Saletto (MN)
Ditta Stevanin, agricoltura
70 sudafricani (bianchi)

3.1943
Bagnoli di Sopra (PD)
Ditta Avas, agricoltura
80 sudafricani (bianchi)

3.1943
Sesto Fiorentino-Campi Bisenzio (FI)
Consorzio bonifiche
200 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Gambassi (FI)
S.A. Immobiliare Ceres, probabilmente edilizia
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Meleto (SI) e Castelfiorentino (FI)
Aziende Volpi e Canevaro, non precisato
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Monte Giovi e Poggio Reale Rufina (FI)
Azienda Spalletti Trivelli, probabilmente agricoltura
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Mercatale (FI)
Aziende Buoncompagni, Ludovisi, Fucini e Alessandri
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943
Carlone, frazione di Vaglia (FI)
Azienda Eredi Corsini
50 prigionieri di nazionalità non precisata

3.1943-8.1943
Borgo San Lorenzo (FI)
Cantiera Soterna, edilizia (costruzione stabilimento per la saccarificazione del legno)
200 britannici e sudafricani

4.1943
Carcheri Ginestra, frazione di Lastra a Signa (FI)
Fattoria Marliana del principe Gian Giacomo Borghese, agricoltura
50 britannici e sudafricani

L’impiego presso i distaccamenti di lavoro agricoli garantisce ai prigionieri una certa libertà, la possibilità di orchestrare evasioni, ma anche di entrare in contatto con i civili, una frequentazione che garantirà ad alcuni di loro una via di fuga dopo l’armistizio. Ad esempio, un prigioniero impiegato nei pressi del paesino di Pietraviva (AR) ricorderà poi che il sabato e la domenica i civili andavano a “vederli” alla fattoria, chiacchieravano con loro e con le poche guardie, confrontando la prigionia di quei soldati con quella dei loro parenti in mani alleate. Qualche settimana dopo avrebbero festeggiato tutti insieme la notizia dell’armistizio, pensando a un collettivo e sovranazionale “tutti a casa”.

Nonostante ciò che emerge dai rapporti della potenza protettrice e della Croce Rossa Internazionale, sempre piuttosto ottimistici e ben disposti nei confronti dei detentori, la situazione dei prigionieri internati a Laterina è spesso difficile a causa delle condizioni del campo e del trattamento. I soldati alleati patiscono il freddo, la carenza di scorte, la precarietà delle sistemazioni, lo stato generale di una prigionia meno facile di quanto si immagini. Nel maggio 1943 un soldato alleato decide di togliersi la vita e nella lettera d’addio chiede di non comunicare alla famiglia la causa della sua morte, che ritiene non imputabile a nessuno e, dichiarandosi «cristiano, pacifista e socialista», scrive di voler «negare allo Stato il diritto di chiedermi di prendere le armi contro i miei simili». Il camp leader e gli ufficiali prigionieri liquideranno la faccenda come «un triste caso di alienazione mentale». [TNA, WO 224/135, Capt. Trippi, «Report no. 4 on Prisoners of War Camp no. 82 and the hospital at Arezzo», 31 maggio 1943, p. 4]

Un altro prigioniero descrive in questi termini la situazione di Laterina:

Quando arrivai in questo campo, la sistemazione prevista per i prigionieri consisteva solo di tende improvvisate erette su lastre poste sul terreno dagli italiani. I prigionieri stavano molto male, a causa del freddo umido e delle condizioni invernali. Nel gennaio 1943 fummo spostati in baracche appena costruite. Il primo mese dovemmo dormire sul pavimento di pietra, ma in seguito furono forniti dei letti. Ognuno ebbe una coperta italiana. Vi erano diversi casi di prigionieri che svenivano durante gli appelli nei giorni freddi dato che ci presentavamo per la conta ogni giorno e ogni appello poteva durare dai tre quarti d’ora alle quattro-cinque ore. Eravamo sempre trattenuti più a lungo come rappresaglia per qualcosa di sbagliato che avevamo fatto [TNA, WO 311/314, Affidavit del dvr. R.E. Newton, 22 febbraio 1946]


A peggiorare la situazione concorre l’atteggiamento di alcuni dei sorveglianti e dei detentori, che si rivelano spesso poco collaborativi e talvolta apertamente ostili. Del comandante, il col. Teodorico Citerni, un testimone scriverà che «la scarsità di cibo ed equipaggiamento era dovuta soprattutto alla sua incapacità di ottenere per i prigionieri ciò che essi avevano il diritto di avere. Allo stesso modo, ogni atto di maltrattamento nei confronti dei prigionieri era il risultato di suoi ordini diretti o della politica generale che aveva instaurato» [TNA, WO 311/314, Affidavit del sgt. Samuel, 25 febbraio 1946]

Nel campo non mancano le punizioni spropositate, come quella assegnata al soldato Foxcrot, arrestato dai carabinieri, malmenato, incatenato e lasciato in prigione per ventotto giorni per aver tentato di barattare un po’ di sapone con delle guardie italiane, delle quali peraltro rifiuta di fare i nomi. Il driver Newton viene invece ammanettato a un albero per ben quattro giorni di fila, con le braccia intorno al fusto, al quale dà le spalle, sotto il sole cocente dell’estate del 1943, e solo perché ha osato sostenere che l’Italia avrebbe perso la guerra. Sono punizioni che sconfinano nella tortura, e che sono prassi in molti campi italiani.

Prassi dei prigionieri, invece, è l’organizzazione delle fughe, e neanche in questo Laterina fa eccezione. Nell’aprile del 1943 un soldato sudafricano, il cui nome è rimasto ignoto, viene probabilmente ucciso durante un’evasione, e il suo compagno britannico resta ferito. Le punizioni successive alle fughe sono regolari e severe, non di rado consistenti in pestaggi e concluse con il trasferimento nel campo di punizione di Gavi.

All’armistizio, i prigionieri di Laterina chiedono immediatamente di essere rilasciati. Le sentinelle oppongono qualche resistenza, ma poi acconsentono e addirittura, pare, consegnano loro delle armi, forse le proprie. Lasciato il campo, molti dei fuggitivi vi faranno però presto ritorno, non sapendo dove andare e cosa fare, e finiranno nelle mani dei tedeschi. Alcuni, tuttavia, riusciranno a dileguarsi, perlopiù grazie al fondamentale aiuto dei civili italiani. La fuga riesce, in particolare, ai soldati assegnati ai distaccamenti di lavoro. Uno di loro racconterà che il loro datore di lavoro li aveva avvertiti del fatto che i tedeschi stessero occupando il paese e dunque consigliati di andarsene e nascondersi o provare a raggiungere le proprie truppe. I prigionieri, tuttavia, avevano esitato perché la «versione italiana delle cose» non era sempre presa sul serio [SMTA, Hirst, A Sherwood forester’s story of World War II, sezione 41].

Il cattivo trattamento al quale vengono sottoposti i prigionieri diviene, nell’immediato dopoguerra, argomento di due procedimenti di indagine: il caso UK-I/B. 102 Vari/Citerni et alii è relativo alle cattive condizioni di alloggio e trattamento e a lavoro connesso allo sforzo bellico del detentore. Probabilmente l’inchiesta non ha esito processuale. Nel secondo caso – UK-I/B. 129 Vari/Citerni et alii (Laterina, 1942-1943) – il colonnello dei carabinieri Citerni viene accusato del cattivo trattamento dei prigionieri – dalle pessime condizioni del campo alle punizioni spropositate, ai maltrattamenti fisici – da numerosi testimoni. Processato nell’agosto 1946, è riconosciuto colpevole, ma subisce una condanna simbolica: un solo giorno di prigione.

Il campo di Laterina e il distaccamento di lavoro di Borgo San Lorenzo, nonché la fuga successiva all’armistizio del settembre 1943, realizzata grazie al fondamentale aiuto dei civili italiani, sono i protagonisti di buona parte del libro di memorie dell’ex prigioniero Frank Unwin, significativamente intitolato Escaping has ceased to be a sport. A soldier’s memoir of captivity and escape in Italy and Germany.

Dopo l’8 settembre, il campo viene utilizzato dai tedeschi per il transito di prigionieri italiani e alleati. Vi si compiono crimini di guerra ai danni dei prigionieri, in particolare durante le marce di trasferimento verso la stazione ferroviaria. Il campo viene evacuato nel giugno del 1944.

Nell’estate di quell’anno, dopo la liberazione dell’area, gli Alleati vi concentrano prigionieri tedeschi e fascisti. Dal giugno 1945 al febbraio 1947 il sito è utilizzato, prima dagli Alleati (camp n. 374), poi dal Ministero per l’assistenza postbellica (campo n. 219), per prigionieri fascisti catturati al Nord alla Liberazione. Arriva a ospitare 5.000 ex soldati repubblicani provenienti anche dal disciolto campo di Coltano (PI). La gran parte di loro viene liberata tra la fine del 1945 e l’inizio del 1946. Il campo viene poi disciolto.

Dal 1948 al 1963, Laterina diventa un campo profughi per italiani del confine orientale, dodecanesini, libici e tunisini.

Oggi, del campo, rimangono in piedi alcune baracche. Nel 1998 nell’area è stato posto un cippo in occasione del cinquantenario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Fonti archivistiche

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