Seleziona una pagina
w

George Braithwaite

George Braithwaite viene catturato vicino a Bengasi, nel giugno 1942, quando le truppe britanniche finiscono circondate dal nemico. Da quel momento inizia il suo lungo, e duro, viaggio vero il PG 70 di Monturano, in Italia.

 

Ci ammassarono in un grosso camion italiano […]. Attraversare il deserto per ore e ore fu orribile, alcuni stavano morendo di sete. Alla fine, dopo quelli che sembrarono giorni, il camion si fermò ad un campo circondato da filo spinato, il mio primo campo di prigionia, che scoprii [poi] essere vicino a Benghazi. Qui le condizioni erano pessime, bisognava mettersi in fila per ore per l’acqua, ci fu il problema di una scatoletta di carne che venne fuori essere di capra marinata nell’olio e che causò rapidamente problemi di stomaco. Dopo alcuni giorni di questa esperienza agghiacciante, alcuni di noi furono portati al porto di Benghazi e messi su una nave.

I prigionieri sono trasportati in Puglia, anche se non è chiaro se sbarcano a Taranto o Brindisi. Qui, sono spogliati e lavati, George riceve anche un taglio di capelli piuttosto brusco «rimasi praticamente calvo», e quindi vengono rivestiti con gli stessi abiti con cui erano stati catturati «più puliti, ma avevano un odore diverso».  
Un altro viaggio in camion porta i prigionieri al PG 65 di Bari. Anche qui le condizioni non sono rosee e George si lamenta in particolare del vitto misero, appena 200 grammi di cibo. «Passammo il Natale in queste condizioni miserevoli ma fummo rallegrati da un altro prigioniero che, con una voce davvero gloriosa, fece il giro delle cuccette cantando carole, ancora oggi mi scappa un sospiro quando sento Silent Night [Astro del Ciel]».

 

George posa sulla sinistra insieme a Schubert, suo compagno di fuga (sulla destra). Il prigioniero al centro non è identificato.
(Fonte: Monte San Martino Trust)

Ad un certo punto, prima dell’estate del 1943, George e altri prigionieri vengono spostati più a nord, al PG 70 di Monturano. Qui la situazione è un poco migliore e i prigionieri perlomeno ricevono i pacchi della Croce Rossa. Presto, George fa amicizia con un altro prigioniero, un canadese di Vancouver, Schubert, e i due iniziano a pensare alla fuga. Incoraggiati dalle notizie che provengono dal fronte africano, dove ormai chiaramente gli Alleati sono in vantaggio, i due studiano i movimenti delle guardie:

Stabilimmo un punto [nella recinzione], l’angolo del campo che era vicino a dei cespugli e degli alberi, e conduceva ad un fiume. Schubert sapeva nuotare, io no, ma il fiume era in secca in quel periodo dell’anno […]. All’improvviso, si presentò l’occasione giusta, raccolsi quel che potevo, incontrai Schubert e sgusciammo verso l’angolo, prendemmo a calci e smuovemmo la terra alla base della recinzione, ci strisciammo al di sotto e sgusciammo verso il fiume, che trovammo in effetti in secca. Lo passammo, strisciammo sull’altro lato dell’argine, e poi attraverso il terreno accidentato […] poi, prima che tramontasse il sole, ci fermammo in quello che sembrava un posto isolato per riposarci.

La fuga è riuscita, ma i due devono decidere cosa fare. In lontananza si scorge un bosco e decidono di dirigervisi con il favore delle tenebre. Il tragitto viene coperto senza inconvenienti e, una volta nel bosco, i due incontrano altri due fuggiaschi, evasi da un campo di lavoro nelle vicinanze. Uno dei due, un caporale, parla un po’ di italiano, e George e Schubert decidono di unirsi a loro nel viaggio verso sud.

Il giorno dopo arrivano nel villaggio di Montalto, dove vengono accolti e rifocillati, ma, capendo che gli abitanti sono molto spaventati, decidono di ripartire subito. La marcia prosegue così, finché il gruppo non arriva ad una fattoria.

Amici o nemici? Prendendo il toro per le corna, così per dire, entrammo insieme e fummo accolti. Il posto si dimostrò un rifugio sicuro, fummo invitati a cena. Mi aprì gli occhi, ci dovevano essere circa 20 persone in piedi ai lati di un tavolo ben pulito. Per prima cosa, furono posate le forchette e ognuno di noi ne prese una, poi una signora arrivò con un grosso mestolo, e questo fu ribaltato sul tavolo. Il contenuto era solidificato come un grosso pancake (sospetto fossero maccheroni), poi ci fu versato sopra della purea di pomodoro, seguita da formaggio grattugiato. Ad un segnale, iniziammo a tagliarne piccoli pezzi e a mangiarli, e come mangiavano alcuni! Il balenio delle forchette e il piegarsi delle braccia scandivano un ritmo pazzesco. Il sapore era delizioso. Quando finì tutto posammo le forchette con un sospiro […].

I contadini forniscono ai fuggiaschi abiti civili, cibo e indicazioni preziose, e il gruppo riparte il mattino dopo. A Chieti i quattro sono immediatamente riconosciuti quali inglesi da un abitante del luogo, la cui famiglia «aveva trascorso molto tempo in Inghilterra in viaggi d’affari prima della guerra». Vengono quindi nascosti nella soffitta di una casa. I loro ospiti elaborano un nuovo piano: avrebbero comprato per loro dei biglietti ferroviari, e George e i suoi compagni sarebbero poi saliti, separatamente per non dare nell’occhio, su un treno diretto verso sud. Il piano funziona alla perfezione, e i quattro raggiungono un altro paese (purtroppo ignoto), per poi allontanarsi nelle campagne, in direzione di Foggia.

Il territorio è però pieno di tedeschi e la loro marcia piena di insidie. Il gruppo deve ad un certo punto separarsi, per evitare le truppe nemiche, per poi ricongiungersi una volta al sicuro. L’alimentazione è costituita da «uva e pomodori», e George e i suoi compagni dormono nelle vigne. Superato un fiume a poca distanza dalle sentinelle che sorvegliavano un ponte, i quattro si imbattono in un carretto trainato da un cavallo.

Giocandoci tutto, ci avvicinammo e facemmo cenno che ci serviva un passaggio, il conducente ci disse che potevamo sederci sul retro del carro e ci mettemmo in moto. Dopo circa 20 minuti potevamo sentire un sacco di rumori provenire da davanti a noi, rumori di motori in azione. Restammo paralizzati nel carro, affondando il più possibile e decidendo di tentare la sorte, era troppo tardi per fare altro. Il carro fu fatto accostare e improvvisamente fummo circondati da fanti che camminavano su entrambi i lati della strada con indosso uniformi color kaki. Realizzammo così di aver passato il fronte.

George e i suoi compagni restano sul carro, che si rimette in moto, finché non vedono dei camion fermi al ciglio della strada. Salutato il conducente, si avvicinano, e vengono presi in carico dalle truppe canadesi, che li conducono a Foggia. George viene poi portato in Tunisia e da lì ad Algeri, senza i suoi compagni, che vengono fatti rientrare in modi diversi. Infine, raggiunge via mare in Scozia, tornando così nel Regno Unito dopo sedici mesi di prigionia e una rocambolesca fuga.

Campi legati a questa storia