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Harvey Vivian Claxton

Royal Army Service Corps

Harvey Vivian Claxton nasce il primo settembre 1915. Prima della guerra vive a South Banfleet, nell’Essex, dove fa il traslocatore. Una volta arruolato, nel gennaio 1940, viene destinato al Royal Army Service Corps come autista. È catturato a Tobruk, il 20 jugno 1942, nel contesto della campagna nordafricana.

Harvey viene quindi internato per qualche giorno proprio a Tobruk, quindi a Derna e infine a Bengazi, dove rimane fino a metà agosto. Alla fine del mese, viene spostato a Brindisi, per poi arrivare al PG 87 di Benevento. Alla fine di novembre 1942, viene trasferito di nuovo, al PG 66 (Capua), e quindi subito al PG 53 di Macerata, dove è rinchiuso fino a marzo 1943. Da quel momento, e fino all’8 settembre 1943, rimane al campo 148 a Pol di Pastrengo, in provincia di Verona; in particolare nel VI distaccamento, a Bonavigo.

Durante la sua permanenza in questi campi, Harvey non fa alcun tentativo di fuga, ma le cose cambiano con la proclamazione dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati nel settembre 1943. Harvey racconta che gli viene detto dagli italiani di restare nel campo perché «i britannici sarebbero arrivati lì in pochi giorni». Il giorno seguente, però, giunge la notizia che i tedeschi stavano prendendo il controllo di tutti i campi prigionieri e Harvey e i suoi compagni decidono di allontanarsi prima che arrivino. Si dividono in due gruppi, di circa 35 uomini ciascuno, raccolgono tutti i pacchi della Croce Rossa che riescono a trasportare, e lasciano il campo, scortati dalle guardie italiane. Avevano fatto appena in tempo: «dieci minuti dopo che ce ne eravamo andati, i tedeschi entrarono nel campo».

Il gruppo si separa presto dagli italiani, che si dileguano, e continua a marciare unito per circa cinque Km, finché non decidono di nascondersi in un largo fosso, protetto da degli alberi. Trascorrono il mese seguente in quel nascondiglio, aiutati dai contadini locali che portano loro cibo: «patate, pane e latte». All’inizio di ottobre, però, giunge la notizia di un imminente rastrellamento tedesco e i prigionieri si disperdono. Harvey e un suo compagno, vice-caporale Collier, trovano rifugio in una fattoria vicino al borgo di Orte, dove rimangono nascosti per una settimana. Poi, si spostano da un’altra famiglia locale poco lontano.

Alla fine del mese, però, la situazione si fa di nuovo pericolosa, perché truppe fasciste stanno setacciando la zona. La famiglia che sta proteggendo i due fuggiaschi, perciò, li carica su un carro e li invia da dei parenti, nel borgo di Begosso, che raggiungono il 4 novembre. Harvey rimane con questa famiglia per quasi un anno, mentre Collier trova ospitalità presso un’altra. Quando i fascisti arrivano in zona a setacciare le case, i fuggiaschi vengono nascosti nei campi.

Già nel dicembre 1943, Harvey viene contattato da un italiano che affermava di poterlo portare in Svizzera, ma il piano non si materializza. Nel luglio 1944, invece, entra in contatto con una banda partigiana, per la quale «lavora», come dice lui, pur restando a casa dei suoi ospiti. In settembre, questa banda viene dispersa dal nemico e Harvey deve restarsene una settimana nascosto «in una buca dentro un fosso». Il cibo gli viene portato solo durante la notte.

Finalmente, a metà ottobre 1944, le cose iniziano a smuoversi. Harvey viene condotto in bicicletta da una guida fino a Lendinara, dove è ospite di altri parenti della famiglia che lo aveva protetto. Inizialmente, tenta di attraversare l’Adige con una chiatta, ma la costante presenza nemica lo fa desistere. Quindi, viene condotto ad un ponte a Badia Polesine, ma anche qui l’attraversamento si rivela impossibile per la presenza di guardie. Alla fine, la soluzione più semplice si rivela efficace: Harvey passa il fiume con una barca poco più a valle. Nessuno controlla i suoi documenti, «perché la guardia tedesca che di solito viaggiava su questa barca era stata lasciata a riva». Harvey sosta a Lendinara per una giornata, e quindi viene portato a Milano su un camion, dove si ricongiunge con Collier, che arriva un mese dopo.

La permanenza a Milano è sicuramente tesa. Harvey descrive la città come «una roccaforte fascista». Per esempio, ricorda: «il 15 dicembre Mussolini visitò la città e vi rimase per circa tre giorni. Fu accolto con entusiasmo dalla popolazione». Il 23 dicembre 1944, infine, Harvey e Collier vengono condotti alla frontiera svizzera, che attraversano lo stesso giorno. Il primo gennaio 1945 lasciano anche la Svizzera, con destinazione Lione. Il giorno dopo possono fare rapporto ad un ufficiale britannico e vengono quindi rimandati nel Regno Unito per via aerea, passando per Parigi, dopo quindici mesi di prigionia e altrettanti trascorsi nascosti, grazie alla protezione dei contadini italiani.

Fonti
  • TNA, WO 208/3325/28, Account of escape of T/130621, Dvr. Claxton, Harvey Vivian, 903 Coy., R.A.S.C.
  • TNA, WO 208/3325/24, Account of escape of T/86307, L/Cpt. Collier, Thomas, 31 Coy., R.A.S.C.